martedì 23 settembre 2008

I° FESTA DELLA LIBERTA' A MILANO


Da giovedì 2 a domenica 5 ottobre si terrà al Lido di Milano, piazzale Lotto, la prima Festa delle Libertà.
Dibattiti, Bar, Ristorante, Area giochi per bambini e gonfiabili a cura di Ambra Orfei.
Tutte le sere spettacoli con ingresso libero.

GIOVEDÌ 2 OTTOBRE
17.00 Apertura e inaugurazione: Massimo Corsaro, Guido Podestà, Viviana Beccalossi, Laura Ravetto.
17.30 Giancarlo Galan, Roberto Formigoni, Letizia Moratti, Gianni Alemanno, Andrea Ronchi. Modera: Vittorio Feltri.
21.00 La grande Milano: governare il futuro
Mario Valducci, Giovanni Collino, Carlo Fidanza, Giulio Gallera, Gianfranco De Nicola, Bruno Dapei.
21.30 Spettacolo: Concerto di Max Pezzali

VENERDÌ 3 OTTOBRE
18.00 Riforme: chimera o realtà?
Italo Bocchino, Luciano Violante, Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello. Introduce: Ignazio La Russa. Modera: Bruno Vespa.
21.00 A cena con il ministro Renato Brunetta. Intervengono Alfredo Mantica, Alessandra Mussolini e Emilio Fede.
21.30 Spettacolo: Concerto di Enrico Ruggeri


SABATO 4 OTTOBRE
10.15 Scuola e cultura per la nostra identità Apertura e introduzione: G. Valditara e V. Aprea.
10.30 Maria Stella Gelmini, Sandro Bondi, Mario Mauro, Paola Frassinetti. Conduce: Pietro Amicone.
13.00 A pranzo incontro con Franco Pontone, Giafranco Rotondi, Tommaso Foti, Marco Martinelli, Antonio Caruso, Mario Mantovani, Gabriele Albertini.
15.00 Circoli e fondazioni verso il PDL Michela Brambilla, Marcello Dell´Utri, Pierfrancesco Gamba, Adolfo Urso, Carmelo Briguglio.
16.00 Paolo Mieli intervista Gianfranco Fini
21.00 Famiglia, etica, società Alfredo Mantovano, Mara Carfagna, Giorgia Meloni, Carlo Giovanardi, Barbara Saltamartini. Modera: Bianca Berlinguer.
21.30 Spettacolo: Tributo a Lucio Battisti Dieci anni dopo: con Mogol e la band «Canto libero»


DOMENICA 5 OTTOBRE
10.30 La sanità: modello lombardo Giancarlo Abelli, Romano La Russa, Luciano Bresciani, Cesare Cursi. Interviene il ministro Maurizio Sacconi. Modera: Mario Giordano.
A seguire pranzo con Franco Servello, Ferruccio Fazio, Cristiana Muscardini, Gianni Mancuso.
15.00 Introduzione di Alessandro Colucci, Roberto Alboni, Valentino Ruggeri, Umberto Maerna. ‘Il governo Berlusconi mantiene gli impegni´
15.30 10 domande a Giulio Tremonti Intervengono. Stefano Saglia e Luigi Casero.
16.30 Per il sistema Italia Claudio Scajola, Altero Matteoli, Maurizio Lupi, Alberto Giorgetti. Modera: Ferruccio De Bortoli.
17.30 Prima di tutto la sicurezza Roberto Maroni, Maurizio Gasparri, Jole Santelli. Intervengono gli assessori alla sicurezza Riccardo De Corato, Piergianni Prosperini. Modera: Enrico Mentana.
18.30 Verso il PDL Ignazio La Russa e Denis Verdini
20.30 Cena di Gala Silvio Berlusconi sarà presente nella giornata di domenica
23.00 Festival musicale di chiusura

Come raggiungere il Lido di Milano
Metropolitana, linea 1, fermata LOTTO
Autubus e filobus 48,49, 78, 90, 91, 95

sabato 20 settembre 2008

LE FOTO DI ATREJU '08


AG MONZA con la GIORGIA MELONI




AG MONZA con IGNAZIO LA RUSSA





GEMELLAGGIO TRA AG MONZA e AG REGGIO EMILIA




UN MOMENTO DI PAUSA ai FORI IMPERIALI



mercoledì 17 settembre 2008

Lasciamo la storia agli storici

Ospitiamo, per piena condivisione, l'intervento del dirigente nazionale di Azione universitaria, Fabio Raimondo, a chiusura della recente polemica innescata alla festa di Atreju.
...Sono nato nel 1978. Il fascismo era finito da più di trent'anni. Oggi ne sono passati più di sessanta. Quando ho deciso di interessarmi di politica l'ho fatto iscrivendomi al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile di quel MSI che di la a qualche mese sarebbe diventato Alleanza Nazionale. Era il 1994, frequentavo il Liceo e il fascismo non c'entrava nulla.
Oggi Azione Giovani è la più grande organizzazione politica giovanile esistente in Italia. Nelle scuole, negli Atenei, nelle strade, tutti i giorni, con spirito di sacrificio e senza avere nulla in cambio portiamo alto il nome di Alleanza Nazionale e del Popolo della Libertà.
Facciamo politica guardando al futuro, non al passato. Vogliamo dare risposte ai bisogni della gente e in particolare ai nostri coetanei.
Fascismo e antifascismo sono categorie che preferiamo lasciare al giudizio degli storici.
Abbiamo sempre sostenuto - Fini, La Russa, Alemanno, fino ad arrivare al più giovane dei nostri militanti - che storia e politica sono due cose diverse. La politica è destinata a diventare storia ma fino a quel momento è bene lasciare la storia agli storici.
Che bisogno c’è di mischiare storia e politica? Per troppo tempo è stato fatto e il risultato è l’impossibilità – ancora oggi – di leggere la nostra storia, specialmente quella più recente, con la serenità e l’obiettività che meriterebbe.
Il fascismo è morto. E’ stato consegnato alla storia e, pertanto, va storicamente studiato.
Questa storicizzazione del fascismo è stata possibile anche grazie alla trasformazione del Msi in Alleanza Nazionale. Nel momento in cui cessava la sua funzione di testimonianza il partito che era il diretto erede dell’esperienza fascista è stato possibile studiare storicamente il fascismo.
Prima non era possibile. Soprattutto perché l’uso politico che della storia ha fatto una certa sinistra ha impedito una lettura obiettiva del periodo tra le due guerre e in genere del Novecento.
Questo perché in Italia la guerra civile ha avuto strascichi più lunghi che in altri paesi, dove è stata superata. Quasi subito.
Negli Stati Uniti appena finita la guerra di secessione il generale Lee scrive una lettera indirizzata a tutte le madri del Sud: “rinunciate alle animosità e crescete americani i vostri figli”. Oggi in tutti gli Stati della vecchia Confederazione insieme alla bandiera a stelle e strisce è esposta nelle sedi di governo la bandiera dei confederati.
In Spagna finita la guerra civile del ‘36 il generale Franco ha voluto la Valle dei Caduti, dove sono sepolti fianco a fianco i combattenti nazionalisti e quelli repubblicani antifranchisti.
In Italia questo non è stato possibile perché è esistito, e per certi versi esiste ancora, un muro ideologico che impedisce una memoria storica comune.
Quel muro che per cinquant’anni ha tacitato la verità sulle foibe e sulle tragedie del nostro confine orientale.
Quel muro di chi vorrebbe parlare di morti di serie A e di morti di serie B. Quando sarebbe opportuno ricordarli tutti, perché così ci insegna la pietas cristiana.
Ricordare, nulla di più.
Carlo Mazzantini, fa una bellissima dedica nel suo “I balilla andarono a Salò”: “Ai partigiani caduti per la libertà. Ai soldati della RSI caduti per l’onore”. Nessuno scandalo.
Amo la storia, al punto che la portai come quinta materia orale all’esame di maturità (allora erano ancora quattro!).
So pertanto che la storia è revisione e che il revisionismo non è un crimine. “La storia o è continua revisione o non è storia”. Questo lo dicevano Erodoto e Tucidide.
Sono gli uomini e le passioni che fanno la storia e sono anche gli uomini e le idee che la scrivono e la commentano. Se dunque la maturità dei tempi ci consente di leggere con maggior distacco e obiettività le pagine del nostro recente passato non dobbiamo avere timore dei giudizi di quanti, al contrario, sono ancorati a schemi ideologici retaggio di un secolo che non c’è più.
Oggi sappiamo che il consenso al fascismo fu ampio, che l’Italia venne liberata dall’esercito americano e che la Resistenza, con tutti i suoi eroismi, fu un fenomeno minoritario.
La Repubblica italiana è nata dopo quelle esperienze. E noi oggi in quella Repubblica abbiamo deciso di fare politica.
Il fascismo non c’è più. L’antifascismo storicamente inteso nemmeno.
La gente, i giovani in particolare, si aspettano risposte ai problemi di ogni giorno: il lavoro, la casa, l’accesso al credito per chi vorrebbe farsi una famiglia.
Per non deludere queste aspettative occorre una classe politica con lo sguardo rivolto in avanti e non con la testa indietro.
Fascismo e antifascismo appartengono a un’altra epoca. Noi siamo tra quelli che vogliono guardare avanti.

Fabio Raimondo
Esecutivo Nazionale Azione Universitaria
Dirigente Provinciale di Alleanza Nazionale

AG PROPONE ALBONI PER LA PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA


domenica 14 settembre 2008

Cambiare idea è lecito Ma la sua non è più Destra

lettera di Marcello Veneziani:

Ragazzi di destra non fischiate Fini. Non indignatevi e non scandalizzatevi a sentirlo definire la destra come antifascista, a bollare il fascismo come male assoluto, a tirare le orecchie ad Alemanno e La Russa, a elogiare i partigiani e condannare i combattenti (...) (...) della repubblica sociale. Non fischiatelo, ormai è un altro. Ha cambiato opinione, e che lo faccia per convenienza o per carriera personale, non muta la sostanza. È lecito cambiare idea, ha tutto il diritto di dire il contrario di quel che pensava fino alla tenera età di quarant’anni quando sognava il fascismo del Duemila. Anzi aggiungo a sua discolpa che se dubitate della sua buona fede di antifascista ora, potete dubitare pure della sua convinzione fascista di ieri: forse davvero non credeva in niente, ieri come oggi; era un fatto superficiale e perciò non gli è costato molto smentirsi in modo così radicale. Va tutto bene, per carità. Ora, tolto lo scudo protettivo dell’appartenenza, Fini sarà giudicato per quel che vale lui e per cosa fa in concreto e non più per quel che rappresenta e da cui proviene. Solo una cosa obbietto: Fini con la destra non c’entra più niente, con qualunque destra, a cominciare da Alleanza nazionale, abbia la lealtà di dirlo chiaro e forte. Perché una destra vera, libera, moderna e democratica, anche conservatrice, libertaria e tradizionalista, non si definisce antifascista e non giudica il fascismo come un male assoluto; ma reputa morto il fascismo insieme all’antifascismo, non proponibili ambedue sul piano politico, e reputa il fascismo un fenomeno davvero complesso da affrontare sul piano storico, irrimediabilmente legato alla sua epoca, tra nazionalismi, guerre e comunismi feroci; un regime autoritario e non totalitario, una dittatura col consenso popolare, non paragonabile al nazismo e al comunismo.

sabato 13 settembre 2008

AG MONZA E BRIANZA STA CON ALEMANNO E LA RUSSA

Considerando grave il tentativo di politicizzare eventi storici ormai metabolizzati dai cittadini italiani, Azione Giovani Monza e Brianza esprime la massima condivisione a quanto dichiarato dal ministro La Russa e dal sindaco Alemanno, e continuerà a lavorare per la pacificazione nazionale e la costruzione di una memoria condivisa.

giovedì 11 settembre 2008

Piena solidarietà al Ministro La Russa

Nei giorni scorsi la sezione brugherese dell’Anpi ha chiesto, attraverso un manifesto esposto fuori la “casa del popolo”, le dimissioni del Ministro della Difesa Ignazio la Russa. Con la seguente frase “Vergogna!Via i fascisti dal Governo dell’Italia”, si faceva riferimento al fatto che il Ministro di Alleanza Nazionale-Pdl avesse omaggiato nel giorno 8 settembre 2008 oltre che i partigiani della resistenza anche i caduti della Repubblica Sociale Italiana.

Andrea Carafassi, presidente di Azione Giovani, sezione giovanile brugherese di Alleanza Nazionale, “esprime piena solidarietà al Ministro della Difesa, nonché attuale reggente del partito. E’, infatti, ora che si mettano da parte l’odio ideologico e antichi rancori; occorre costruire una memoria nazionale condivisa per il nostro Paese. I ragazzi di Salo’ morirono per un ideale puro tanto quanto quello per il quale combatterono i partigiani. Non è giusto infangare in ogni occasione e ricorrenza la memoria di coloro che la storia ha delineato come sconfitti ed esaltare sempre e solo i vincitori, nonostante questi ultimi si siano macchiati di atroci crimini poco conosciuti come la strage di Porzus e della Missione Strasserra e gli eccidi perpetrati da partigiani nel Dopoguerra come quello di Oderzo,di Codevigo, di Mignagola, di Argelato, di Schio ed altre. Dunque, ci sono luci ed ombre da entrambe le parti. Il Ministro La Russa nell’omaggiare anche i caduti di Salo’ ha avviato un percorso volto a pacificare quelle diverse parti, a costituire una memoria storica condivisa che deve stare alla base di una Nazione moderna. In questa logica di pacificazione e “concordia ordinum” tra vincitori e vinti ,purtroppo, c’è ancora qualcuno che alimenta il fuoco dell’odio e della discordia. Anche in questa occasione si è rivelata essere l’Anpi”.

“Fatta luce sulle foibe è giusto riportare la verità storica anche sugli anni della guerra civile italiana e sul travaglio di tanti italiani che nel Nord scelsero la fedeltà alla bandiera, seppur al fianco di un alleato scellerato. Giuste le parole del ministro La Russa quindi – dichiara Rosario Mancino, presidente provinciale di Azione Giovani Monza e Brianza - è ora che qualcuno spieghi all’Anpi che la guerra è finita e che è l’ora della pacificazione nazionale”.

Ag Monza e Brianza ti aspetta a Roma!

venerdì 5 settembre 2008

lunedì 1 settembre 2008

FEDERICO II HOHENSTAUFEN

Il Circolo di Azione Giovani di Monza è dedicato a Federico II, il falco di Svevia, re con una vocazione imperiale dell'Europa, ghibellino attento al senso religioso, europeo e mediterraneo, identitario e aperto al confronto con le altre culture, amante della cultura e uomo del fare.








IL FALCO DI SVEVIA

Federico II di Svevia (Jesi, Ancona 26 dicembre 1194 - Castel Fiorentino presso Torremaggiore, Foggia 13 dicembre 1250), della famiglia di Hohenstaufen re di Germania, sedette sul trono del Sacro Romano Impero dal 1211 al 1250. Con il nome di Federico I fu anche re di Sicilia dal 1198 al 1250. Federico nacque da Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, e da Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II il Normanno, a Jesi, nella Marca Anconetana mentre l'imperatrice stava raggiungendo il marito a Palermo, incoronato appena il giorno prima Re di Sicilia.

Il suo impero fu spesso in guerra con lo Stato Pontificio: Federico fu per ben tre volte scomunicato. Il Papa Gregorio IX arrivò perfino a definirlo l'Anticristo e fu questo, forse, a introdurre dopo la sua morte la leggenda di una profezia secondo cui sarebbe ritornato dopo 1000 anni. Federico fu definito l'Anticristo anche in virtù di una leggenda medievale che sosteneva che l'Anticristo sarebbe nato da una vecchia monaca. Infatti, Costanza d'Altavilla aveva 40 anni quando partorì Federico e, prima del matrimonio, contratto all'età di 32 anni, aveva

vissuto in un convento. Data l'età avanzata, molti non credevano alla gravidanza di Costanza. Per questo motivo fu allestito un baldacchino al centro della piazza di Jesi, dove Costanza partorì pubblicamente, al fine di fugare ogni dubbio sulla nascita del futuro imperatore.

L'imperatore poliglotta

Fra il 1197 ed il 1198 muoiono Enrico VI e Costanza, lasciando orfano il piccolo Federico di appena quattro anni,

che cresce a Foligno (PG) sotto la tutela del papa Innocenzo III. Federico fu quindi re di Sicilia all'età di quattro anni sotto la reggenza del Papa, ed il giorno del suo quattordicesimo compleanno (26 dicembre 1208) si autoproclamò maggiorenne assumendo immediatamente l'effettiva responsabilità del regno.

Ottone IV di Germania era stato eletto imperatore del Sacro Romano Impero nel 1209. Federico era stato invece eletto imperatore da una fazione ribelle sostenuta da Innocenzo III nel 1211 alla Dieta di Norimberga, ma questo fu un onore vuoto fino al 27 luglio 1214 quando nella battaglia di Bouvines Filippo Augusto re di Francia, alleato di Federico, sbaraglia Ottone IV alleato degli Inglesi. Da questa battaglia gli storici fanno datare l'unità nazionale francese.

Si dice che Federico conoscesse ben nove lingue e che fu un governante molto moderno per i suoi tempi, visto che favorì la scienza e professava punti di vista piuttosto avanzati in economia. Abolì i monopoli di Stato, i dazi interni ed i freni alle importazioni all'interno del suo impero.

Lo Stupor Mundi

Federico fu chiamato ai suoi tempi Stupor Mundi (Meraviglia del Mondo) e Puer Apuliae, (Fanciullo della Puglia). La sua inestinguibile curiosità lo portò ad approfondire la filosofia, l'astrologia (consigliere molto ascoltato fu l'astrologo Guido Bonatti), la matematica (ebbe corrispondenza e fu in amicizia con il matematico pisano Leonardo Fibonacci, scopritore della famosa successione numerica che porta il suo nome), l'algebra, la medicina e le scienze naturali; scrisse anche un libro, un manuale sull'arte della falconeria (De arte venandi cum avibus, L'arte della caccia con gli uccelli), di cui molte copie illustrate nel XIII e XIV secolo ancora sopravvivono; sotto questo aspetto segnò una tappa fondamentale nella storia della scienza sperimentale moderna. Contribuì ad innovare la letteratura italiana ed in questo senso ebbe importanza fondamentale la Scuola siciliana che ingentilì il volgare siculo-pugliese con il provenzale dei trovatori che frequentavano la sua corte, e costituendo la base - poi arricchita dalla parlata toscana - che portò alla lingua della Divina Commedia.

La partecipazione alle crociate e la scomunica di Gregorio IX

Nel 1227 il 9 settembre, pressato da Papa Gregorio IX, parte per la sesta Crociata malgrado una terribile pestilenza che falcidia i suoi crociati. Naturalmente è costretto a rientrare e viene scomunicato il 29 dello stesso mese.
Il 28 giugno 1228 è di nuovo in partenza da Brindisi per la sesta Crociata: questa volta Federico ottiene il successo grazie ad un accordo con il Sultano ayyubide al-Malik al-Kamil, nipote di Saladino, e si incorona re di Gerusalemme nella Chiesa del Santo Sepolcro il 18 marzo 1229. Questo traguardo conquistato senza armi e senza partecipazione della Chiesa ai relativi onori, fu accolta molto male dal Papa Gregorio IX. Da questi eventi ebbe origine la lunga e dura lotta fra Federico ed il Papa (ed il suo successore Innocenzo IV). In questa diatriba si inserirono presto le città della Lega Lombarda e da qui riprese la secolare divisione fra Guelfi (Lega Lombarda, alleati del Papa) e Ghibellini (dalla parte dell'Imperatore): fra le famiglie più fedeli alla scelta ghibellina vanno ricordati gli Ordelaffi, signori di Forlì, città che Federico ricompensò per gli aiuti che ne ebbe con la concessione di notevoli privilegi, nonché dell'aquila imperiale nello stemma.

L'attività legislativa

Federico aveva già in passato emanato numerose leggi: a Capua nel 1220, a Messina nel 1221, a Melfi nel 1224, a Siracusa nel 1227 e a San Germano nel 1229, ma soltanto ad agosto del 1231, nel corso di una fastosa cerimonia tenutasi a Melfi, ne promulgò la raccolta organica ed armonizzata secondo le sue direttive, avvalendosi di un gruppo di giuristi quali Roffredo di Benevento, Pier delle Vigne, l'arcivescovo Giacomo di Capua e Andrea Bonello da Barletta. Questo corpo organico preso lungamente a modello come base per la fondazione di uno stato moderno, è passato alla storia col nome di Costituzioni di Melfi o Melfitane anche se il titolo originale Constitutiones Regni Utriusque Siciliae rende più esplicita la volontà di Federico di riorganizzare il suo stato, il Regno di Sicilia: quest'ultimo, infatti, fu ripartito in undici distretti territoriali detti giustizierati, poiché governati da funzionari di propria nomina, i giustizieri, che rispondevano del loro operato in campo amministrativo, penale e religioso ad un loro superiore, il maestro giustiziere, referente diretto dell'imperatore, vertice di questa struttura gerarchica piramidale.

L'Università

Nel 1224, all'età di 30 anni, Federico istituì con editto formale, a Napoli, la prima universitas studiorum statale e laica della storia d'Occidente, in contrapposizione all'ateneo di Bologna, nato come aggregazione di studenti e docenti e poi finito sotto il controllo papale (l'università di Padova, pressoché contemporanea, era invece nata da una costola dell'università di Bologna composta da studenti dissidenti trasferitisi a Vicenza nel 1222 e successivamente istituzionalizzata a Padova). L'università, polarizzata intorno allo studium di diritto e retorica, contribuì all'affermazione di Napoli quale capitale della scienza giuridica. Napoli non era la capitale del Regno, ma Federico la scelse per la sua posizione strategica e il suo già forte ruolo di polo culturale e intellettuale. L'università federiciana, che non ha mai interrotto la sua attività, è stata intitolata al suo fondatore nel 1987, assumendo la denominazione di Università degli studi di Napoli "Federico II", allorché iniziarono i lavori per l'istituzione della Seconda università degli studi di Napoli, dallo scorporo della prima facoltà di Medicina e chirurgia della prima, decretata nel 1989 e attuata nel 1991.

La morte a Castel Fiorentino

La profezia che una volta fu fatta all'Imperatore Federico II riguardava la sua morte in un paese contenente la parola "fiore". Per questo Federico II evitò di frequentare Florentia (Firenze), ma non sapeva che nell'agro di Torremaggiore(Strada Provinciale San Severo-Castelnuovo della Daunia) si ergeva un borgo di origine bizantina; le sue rovine, affioranti da una collina detta dello Sterparone (mt. 205), ancora testimoniano la presenza di alcuni locali, di una torre di avvistamento e della Domus (palazzo nobiliare), all'interno della quale morì Federico il 13 dicembre 1250. Si noti che la tale collina ricorda molto, per orientamento e "stile" quella di Lucera (in cui aveva un vero e proprio castello, la zecca, e dove mise i saraceni che facevano parte della sua guardia privata). In quel luogo ebbe fine la sua vita, in qualche modo realizzando la profezia iniziale che sempre lo accompagnò. Inutile aggiungere che l'Imperatore non sapeva che quel borgo si chiamava Castel Fiorentino.

Federico cadde probabilmente vittima di un'infezione intestinale dovuta a malattie trascurate, durante un soggiorno in Puglia. Le sue condizioni apparvero immediatamente gravi, tanto che si rinunciò a portarlo nel più fornito Palatium di Foggia, e la corte dovette riparare appunto a Castel Fiorentino.

La stessa leggenda racconta pure che, secondo la profezia, egli non solo sarebbe morto appunto sub flore, ma anche nei pressi di una porta di ferro. Secondo la tradizione, Federico, riavutosi leggermente dal torpore, chiese alle guardie che lo vegliavano dove si trovasse e dove portasse una porta chiusa che stava vedendo dal proprio letto. Quando la guardia gli rispose che si trovava a Castel Fiorentino e che quella porta, murata dall'altra parte, non era che un vecchio portone di ferro, l'imperatore sospirò: "Ecco che è giunta dunque la mia ora", e entrò in agonia.

Leggende a parte, cronisti raccontano che gli furono servite, durante la degenza, pere cotte. I medici avevano diagnosticato infatti un attacco di dissenteria. Federico non era nuovo a questi malanni e a tali rimedi, più volte si era fatto confezionare dai suoi medici arabi marmellate curative e foglie di violetta candite (ne parla una lettera rivolta a Pier delle Vigne, il suo Protonotaro).

L'imperatore, sentendosi in punto di morte, volle indossare il saio cistercense e dettare così le sue ultime volontà nelle poche ore di lucidità. La sua fine fu rapida e sorprese i contemporanei, tanto che alcuni cronisti anti imperiali diedero adito alla voce, storicamente infondata, secondo cui l'imperatore era stato ucciso da Manfredi, il figlio illegittimo che in effetti gli successe in Sicilia. Una miniatura raffigura persino il principe mentre soffoca col cuscino il padre morente.

La salma di Federico fu sommariamente imbalsamata, esposta per qualche giorno e trasportata a Palermo, per essere tumulata nel Duomo, entro il sepolcro di porfido, pietra regale, come voleva la tradizione normanno-sveva, accanto alla madre Costanza d'Altavilla, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II.

Recentemente il sepolcro è stato riaperto. Federico giace sul fondo sotto altre due spoglie (un uomo e una donna). La tomba era stata già ispezionata nel tardo XVIII secolo. Ne risulta che l'imperatore sia stato inumato con il globo dorato, la spada, calzari di seta, una dalmatica ricamata con iscrizioni cufiche, e una corona a cuffia. Il corpo, nel Settecento, era mummificato e in buone condizioni di conservazione.